L’Italia sembra ancora molto indietro quando si parla di parità tra uomo e donna, solo il 18% delle posizioni dirigenziali è infatti occupato da una donna. Anche se l’Italia sembra seguire un ritmo più sostenuto di altri Paesi nel percorso che porta alla parità (la Penisola è 14esima tra gli Stati UE), i progressi ottenuti finora sono ancora molto contenuti: nell’arco di dieci anni la crescita è stata di appena lo 0,3% e di questo passo saranno necessari più di 60 anni per arrivare a una piena uguaglianza. E’ quanto emerge da un report curato dall’Osservatorio mercato del Lavoro e competenze manageriali di 4.Manager. A complicare le cose c’è anche il fatto che solo un quarto degli italiani giudichi fondamentale la parità di genere sui luoghi di lavoro, la media europea è del 54%, e in Spagna e in Svezia si registrano picchi del 72 e dell’84%.
Bisogna sottolineare che l’Italia ha compiuto enormi passi in termini di occupazione femminile, il tasso è cresciuto di 16 punti tra il 1977 e il 2018, passando dal 33,5 al 49,5. Ma è ancora ultima tra i partner europei per il tasso di occupazione a tempo pieno, si ferma infatti al 31%, contro una media europea del 41. In testa alla classifica la Svezia che svetta a quota 59%. Il Belpaese oltretutto mostra delle marcate differenze regionali: nel Sud il tasso di occupazione femminile si ferma al 32%, nel Nord arriva al 60%. Almeno per quanto riguarda i CdA delle società quotate e delle controllate pubbliche, la legge Golfo-Mosca del 2011 sembra aver prodotto buoni risultati. Sono ancora pochissime tuttavia le imprese che hanno scelto delle donne come Amministratore Delegato o Presidente, o per gli altri incarichi a elevata responsabilità.
L’Osservatorio inoltre mette in luce ulteriori differenze di trattamento. La prima è purtroppo legata alla maternità: nei due anni successivi al parto il 35% delle donne perde il reddito, un altro 10% lo perde poi negli anni successivi. Inoltre emerge che le donne siano meno presenti nei settori a maggiore remunerazione, come ad esempio tecnologia, finanza o ingegneria. Solo il 10% delle dipendenti poi, nel 2019, ha partecipato a dei corsi di formazione per migliorare le proprie competenze digitali (anche in questo caso l’Italia è agli ultimi posti in Europa, dove la media raggiunge il 18%); solo il 19% delle donne poi ha competenze digitali superiori a quelle di base, contro il 25% degli uomini (nel resto d’Europa le medie sono rispettivamente del 31 e del 36%).
La crisi innescata dal Covid – conclude la ricerca – rischia di aumentare ancora di più questo divario: per le donne il tasso di fuoriuscita dal lavoro è 1,8 volte quello degli uomini. Ma può anche tramutarsi in un’opportunità, visto che la crisi potrebbe diventare l’occasione per valorizzare il talento delle donne.